Tacere non è un dovere vuole rammentare a ciascuno di noi che non a tutti gli eroi viene dato pubblico riconoscimento, non a tutti vengono conferite onorificenze, intitolati monumenti e ricorrenze. Esistono anche altri eroi, sconosciuti ai più, che hanno agito nelle pieghe della storia immolando la propria vita. Sono eroi i tremilacinquecento Carabinieri di ogni ordine e grado che per tener fede alle loro idee opposero resistenza ai nazisti.
Sono eroi anche i colleghi che, sul finire del secondo conflitto mondiale, hanno sopportato venti mesi di umiliazioni, soprusi, maltrattamenti, punizioni corporali e psicologiche; persone che hanno patito la fame e sono state costrette, a dodici ore al giorno di lavori forzati, nel freddo dell’inverno tedesco. Questi uomini hanno compiuto atti di eroismo senza timore di essere uccisi, nella volontà di non tradire il proprio giuramento.
Ci sono poi stati quelli che al loro rientro in patria, quasi considerati “colpevoli” di essere dei sopravvissuti ai lager nazisti, hanno visto ripagata la loro coerenza e la loro fedeltà alla patria con la diffidenza di coloro che ritennero i loro racconti fossero solo frottole. Scrive un internato, il Carabiniere Domenico Visconti, “Credetemi non sono frottole”.
Parlare oggi, a più di settanta anni di distanza, della deportazione dei Carabinieri ad opera dei nazisti è un’esigenza che sentiamo non tanto per raccontare la nostra versione della storia, ma per costruire una storia comune e condivisa che renda il giusto omaggio a quegli uomini.
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